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IL NUOVO TEMPIO DI DIO - sermone - Prima Domenica dell'Epifania

 

Gesù nel tempio a 12 anni

 

Ascolta il sermone

Lu 2:41-52; 1 Re 8:6-13; 

Sl 50:1-15; Ro 12:1-5



GRAZIA E PACE DA DIO, NOSTRO PADRE CELESTE, E DAL NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO.



Abbiamo sentito poco fa la storia della consacrazione del primo tempio di Gerusalemme costruito da re Salomone, figlio di Davide. Un grande edificio, decorato in modo sontuoso, nel quale Dio aveva detto che sarebbe stato il Suo nome, la Sua presenza. In quella giornata festiva, lì dentro fu portata l’arca dell’alleanza, che accompagnava il popolo di Israele fin dal tempo del profeta Mosè.

L’arca era una grossa scatola di legno riccamente decorata con l’oro. Era il contenitore del patto tra Dio e il popolo d’Israele. Dio aveva ordinato a Mosè di costruirla per custodire le due tavole di pietra con i Dieci Comandamenti, più di 400 anni prima.

Dio aveva veramente associato la Sua presenza a quell’oggetto, l’arca. Circa un centinaio di anni prima della costruzione del tempio, l’arca era stata persa in battaglia. I loro nemici l’avevano portata via tra le spoglie di guerra. Ma ovunque si trovasse l’arca, quell’oggetto recava malattie, morte e distruzione tra i nemici. Furono costretti a restituirla, spedendola per strada su una carrozza senza conducente. E Dio la ricondusse da sola in Israele.

Più tardi quindi, nel giorno dell’inaugurazione del tempio, la gloria, la presenza di Dio riempì fisicamente la casa del Signore sotto forma di una spessa nuvola. Così spessa era la nuvola che i propri sacerdoti non furono più in grado di lavorare. Dalle mie parti, si dice che d’inverno a volte capita di beccare banchi di nebbia “da tagliare col coltello”, ma non credo che questa espressione renda effettivamente onore a quello che videro i sacerdote quel giorno con Salomone nel tempio.

La densa nuvola era il modo che Dio usò per dire “Il mio nome si trova qui.” In fatti, Dio voleva essere cercato in quel luogo. Lì aveva promesso di rispondere alle preghiere del re e del popolo. Lì, sull’arca, c’era il suo trono d’oro. Da lì voleva regnare. Regnare con la sua misericordia e con il suo perdono. Da quell’arca che stava nel tempio a Gerusalemme.

Il popolo, però, era testardo. Salomone pure era volubile. Non vollero ascoltare Dio. Nonostante quel temibile miracolo sotto forma di nuvola, in molti poi, a cominciare dal re, lasciarono il culto a Jahvè per adorare altri dèi. Cercarono dèi con altri nomi, cercarono dio in altri altari, cioè nei posti sbagliati, dove Dio non aveva promesso di poter essere trovato. Peccati gravissimi, che Iddio creatore dovette disciplinare con molta durezza. E i figli di Salomone videro il regno essere spaccato in due. Non ci fu mai più di nuovo la stessa gloria del regno di Israele, a causa del loro peccato.

Ecco perché c’era il tempio. Il popolo di Dio non aveva smesso di peccare. Il tempio era necessario, perché lì Dio voleva perdonare il suo popolo. Lì aveva ordinato il culto dei sacrifici sostitutivi per il perdono dei peccati. Senza il sangue del sacrificio, senza le sue promesse di perdono, la presenza di Dio sarebbe stata una minaccia terribile. E se ne erano presto reso conto i nemici di Israele, nel racconto di prima, con l’arca dell’alleanza di Israele tra le mani dopo la battaglia.

Quei peccati non sono un’astrazione. Non sono lontani neanche dalla nostra esperienza. Facciamo anche noi parte del mondo peccatore. Abbiamo anche noi cercato Dio nei posti sbagliati, e abbiamo anche noi voluto prendere il posto Suo nella guida delle nostre vite.

Il nostro peccato ci impedisce di godere pienamente della presenza di Dio. Ovvero, nel modo in cui avveniva liberamente nel Paradiso, prima della caduta in peccato. Il nostro peccato ci ha portato la morte, che sperimentiamo ogni giorno, e anche la nostra separazione da Dio.

Il tempio di Gerusalemme quindi era necessario. Perché serviva il perdono di Dio. Quelli animali immolati non hanno però risolto il problema del peccato, ma prefiguravano un altro sacrificio, quello del Messia che doveva venire.

Nel Vangelo di oggi, Gesù, che è la gloria incarnata del Signore, entra nel tempio di Gerusalemme per dimostrare di essere d’ora in poi Lui stesso il vero tempio di Dio, l’eterna dimora di Dio Onnipotente. Il nostro giovane Signore, vero uomo, sottomesso a Maria, sua madre, e a Giuseppe, ci rivela mentre è nel tempio di essere anche il vero Dio, il cui Padre non è l’uomo Giuseppe, ma l’Onnipotente Padre celeste. Questo avviene durante le celebrazioni della festa di Pasqua, per ricordarci che Lui è quell’Agnello sacrificale di Dio promesso dagli antichi profeti, che con la sua morte, con il Suo sangue versato, toglie i peccati del mondo.

Come Lui nel racconto di oggi viene dopo tre giorni trovato da Maria e Giuseppe in mezzo ai dottori nel tempio, così anche più tardi, anni dopo, sarebbe risorto dai morti il terzo giorno la domenica di Pasqua. Il Santo Agnello, sacrificato da Dio, era la garanzia che il favore di Dio sarebbe rimasto su di loro. E il Suo favore rimane anche su di noi, che crediamo nel Suo nome. La presenza di Dio non è più una minaccia per noi.

Lui è il Verbo incarnato di Dio, la vera Parola di Dio, e si è fatto registrare per scritto dallo Spirito Santo attraverso i profeti e gli apostoli nella Bibbia.

Oggi non c’è più il tempio di Gerusalemme. L’edificio di pietre non è più stato necessario da quasi 2000 mila anni a questa parte. Perché? Perché Gesù è diventato il nuovo tempio di Dio. Da quando è stato concepito Gesù, da quando ha assunto un corpo di carne e sangue come quello nostro, Dio non dimora più in un tempio eretto da mani umane. Cristo stesso è il luogo, il tempio, dove corporalmente dimora Dio. Lui è il nuovo tempio, dove c’è già stato il vero e completo sacrificio. Lui è il posto giusto dove andare a cercare Dio, cioè lì dove ha promesso di essere presente oggi. Vi ricordate della parabola del fariseo e del pubblicano? Si trovavano entrambi nel tempio di Gerusalemme, davanti al posto dove si facevano i sacrifici per i peccati. Il pubblicano confessava i propri peccati, e tornava poi a casa giustificato. Oggi quindi in Cristo, il nuovo tempio, confessiamo a Dio la nostra totale nullità e malvagità, e in Lui riceviamo il Suo perdono.

Non c’è un tempio di pietre, e non c’è più nemmeno la densa nuvola, quel legame materiale della presenza tangibile di Dio di una volta. Ma, comunque, anche oggi lo possiamo trovare, pieno di misericordia per noi. Così come a dodici anni, davanti ai dottori della legge, Gesù era la nuova e tangibile presenza di Dio davanti a loro nel tempio di Gerusalemme, anche oggi Lui, il nostro Dio, è presente tra noi. Lo troviamo nella materialità della Sua Parola scritta, e nella Sua Parola proclamata di grazia e di perdono, che ci penetra nell’orecchio. Lui si fa presente nel Battesimo con l’acqua nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; e anche nel Sacramento dell’Altare, nel quale, assieme al pane e al vino, vi sono presenti il vero corpo e il vero sangue del nostro Signore Gesù Cristo, l’Agnello sacrificato per noi.

Lui si fa sempre trovare nella casa di Suo Padre, che non è più nel tempio di Gerusalemme, ma ovunque i Suoi figli si riuniscano nel Suo nome per la condivisione di questi suoi doni di perdono e grazia.

Cari fratelli e sorelle, siamo stati oggetto e beneficiari di questa immensa misericordia divina. Dio Figlio si è fatto uomo tra gli uomini, per poter essere l’Agnello di Dio sacrificato per noi, e il tempio di Dio con noi. E quindi? Ci ha invitati nel Suo regno a lavoro già fatto. Cosa resta da fare ancora? Tutto quello che c’era da fare, l’ha già fatto Gesù Cristo per noi. E ora? Ora noi diamo retta a quello che dice: “Invocami nel giorno dell'avversità, io ti libererò e tu mi glorificherai”. E “Offri a DIO sacrifici di lode”, cioè lo riconosciamo come l’unica fonte di tutto il bene e, assieme, come un solo corpo di cui siamo tutti le membra, riceviamo i Suoi doni, e gli rendiamo grazie per tutti i benefici ricevuti. Che il Signore ce lo conceda sempre di poterlo fare!

Nel nome di Gesù Cristo.

Amen

 Luiz R. Lange - 08/Genn/2023

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